BISOGNA SAPER PERDERE

Se le cose fossero andate come avevo previsto, questo articolo avrebbe dovuto intitolarsi diversamente. Una cosa del tipo

LE VALLI DELLE QUATTRO PROVINCE

Infatti il percorso si sarebbe snodato prima tra Val Curone, Val Staffora , val Boreca, poi attraverso il Passo del Giovà e la Val Borbera per finire attraversando la bassa Valle Scrivia.

Nell’area delle Quattro Province, appunto.
Un territorio accomunato da tradizioni ed usi ma diviso amministrativamente tra le province di Pavia, Piacenza, Alessandria e Genova.

Il programma era chiaro: appuntamento con D. a metà mattina e giù dritti fino a Tortona facendo la A7.
È una palla mortale e spiana le gomme, ma almeno si arriva giù in fretta e rimane più tempo per girare per le valli.
Quando ci incontriamo, D. mi dice che la batteria della sua BMW è al limite e che la moto ha faticato molto ad avviarsi. Speriamo che i tre quarti d’ora d’autostrada la ricarichino, ma un sottile brivido percorre le nostre schiene al pensiero di rimanere a piedi in cima al Giovà.

Si parte. È la fine di Ottobre e fa un gran freddo, ma le previsioni del venerabile Centro Meteorologico Lombardo sono rassicuranti. In giornata, dicono, uscirà il sole e anche in quota la temperatura dovrebbe essere sopportabile.

All’altezza di Bereguardo io sto già congelando, ma il peggio deve ancora venire.
Proprio mentre sopraggiunge alle nostre spalle una pattuglia di Harleysti in formazione da parata dei Carabinieri, Aiko decide di colpo di perdere potenza.
Non mi stupisco troppo, è qualche tempo che con l’umido si impunta quando è fredda, accenna a spegnersi come se per uno o due giri non riuscisse a far scoppiare la benzina nel cilindro.
Poi riparte, ma non è piacevole quando succede uscendo da una curva lenta.
Stavolta però è diverso, per quanto io possa dannarmi con l’acceleratore, il motore inizia a tossire e borbottare e si rifiuta di prendere giri. Non si spegne per miracolo ma mi costringe a fermarmi un attimo.
Accosto in corsia d’emergenza e smanetto con il gas e il rubinetto della benzina fino a che non sembra tornare normale, ma intanto subisco l’umiliazione di vedere gli Harleysti che spariscono all’orizzonte senza nemmeno salutare.

Poco male… Ripartiamo e alla vertiginosa media di 110/120 km/h, con l’orecchio sempre teso a captare la minima variazione nel regime del motore, li ripassiamo (salutandoli, che noi siamo persone civili) poco prima di Casei Gerola.
Fuori dall’autostrada superiamo la periferia nord di Tortona e ci fermiamo per far colazione (la seconda colazione ovviamente) in un baretto di Volpedo.

Caffè, briochina, un bacio di dama che da queste parti non può mancare e si riparte.
Forse.
Quando D. pigia il pulsante d’accensione il rumore è davvero poco rassicurante. Sembra quasi non farcela.

– Io direi che da adesso in poi non la spengo più. Casomai se ci vogliamo mangiare un panino ci sediamo in strada e la lascio accesa…

Decidiamo anche – visto il freddo e i problemi meccanici – di fare una versione ridotta del percorso.
Si tratta di evitare la teribile strada del Passo del Giovà e la Val Boreca.
Da Fabbrica Curone, invece di risalire il versante lombardo del Monte Chiappo, vorremmo passare direttamente dalla Val Curone alla Val Borbera attraverso le frazioni di Gregassi e Pallavicino.

la gesa

Qualche kilometro ancora – in cui Aiko pensa bene di spegnersi di nuovo – e la strada fradicia di rugiada inizia a salire.
A fondo valle ci sono nuvole basse e lattiginose che risalgono lentamente. Mi fermo a far due foto e di colpo ci troviamo immersi nell’orzata.

Il nulla dilaga

Davanti a noi non si vede a un passo.
L’umidità si condensa sulle moto lasciando una patina biancastra come se avessimo guidato nel fango tutta la mattina.

Qualche kilometro oltre Fabbrica Curone la strada, fradicia di rugiada, inizia a salire.  Nuvole basse e lattiginose risalgono lentamente dal fondo della Val Curone, l’umidità si condensa sulle moto lasciando una patina biancastra come se avessimo guidato

Ci sono giorni in cui semplicemente le cose non vanno e bisogna farsene una ragione.
Io non ho mai avuto la stoffa dell’eroe, eppure fatico molto a mollare il colpo in queste situazioni.
Ho sempre una vocina nel cervello, che suona come quella della mia maestra delle elementari, che mi dice che avrei dovuto insistere, essere tenace, che si poteva fare di più, si poteva andare avanti, bastava non aver paura.
Mi piacerebbe sapere se sono l’unico ad avere questa specie di super io giudicante che mi accusa di essere un rinunciatario, se sono l’unico che fa fatica ad azzittirlo quando ce n’è bisogno.

Per dire, tornando indietro abbiamo deciso di scollinare per fare la statale che passa da Pavia e, giunti a Varzi, di nuovo la Maestra Zanderighi si è palesata nel mio cervello:

– Vorrai mica tornare a casa così, vero? Senza nemmeno provare a salirci sulla strada del Giovà? Ma ti pare il caso? Dammi retta…

Fortunatamente non sono da solo, e D. è più furbo di me – o per lo meno non era in classe con me alle elementari – e mi convince a tornare a casa mentre, guardando negli specchietti, nuvole sempre più nere si addensano sui monti dell’Oltrepò.

[ssba]

2 thoughts on “BISOGNA SAPER PERDERE”

  1. Un bel rischio fare un giro così lungo con le moto che tentennano… peró capisco voler provare a completare il percorso a tutti i costi! Deve essere davvero bello percorrere queste quattro vallate, mi segno il percorso per una gita di una giornata!
    Ciao 😉

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