L’IMPERO COLPISCE ANCORA – DI STRADE, DI MURA E DI COLONNE

Andare in cerca delle tracce dell’impero romano nella città di Milano richiede più di uno sforzo.

Nella ricerca, prima di tutto: l’elenco dei reperti, la loro posizione e soprattutto gli eventuali orari di visita sono un segreto ben custodito.
C’è il Museo Archeologico di Corso Magenta, certo, ma ci sono anche cripte e giardini di chiese, la camera di commercio, i sotterranei di una biblioteca, e poi stazioni della metropolitana, garage, cantine e persino un ristorante.

Ma non è finita qui. Anzi.
Lo sforzo maggiore è quello d’immaginazione.

Ciò che rimane è spesso minimo, quasi invisibile all’occhio inesperto.
Oppure è inglobato, cannibalizzato dalle strutture successive, parte di un paesaggio quotidiano, talmente abituale per noi che lo abitiamo da non lasciar trasparire la memoria antica.

In più, fino a pochi decenni fa, ogni traccia fisica dell’antica capitale imperiale era persa, nascosta, inaccessibile.

Mediolanum è stata una città monumentale, sfarzosa, ma nei secoli le sue strade e i suo palazzi sono stati duramente colpiti dall’abbandono e dalle distruzioni.

Prendete il Teatro, ad esempio. Oggi è completamente distrutto, ma è documentato come fino all’anno mille accogliesse nella sua cavea i cittadini del comune in assemblea.
Ma poi ci fu quella brutta faccenda dell’Imperatore Federico e della Lega Lombarda…

Insomma: a parte qualche dipinto o qualche resoconto medievale, fino a pochissimi anni fa non c’erano documenti concreti a descrivere l’antica struttura cittadina.

Oggi, per farla breve, abbiamo per lo più sassi. Muri perimetrali, fondamenta, lacerti di pavimento, mezzi metri di strada e cocci vari.
Anche con la più fervida immaginazione non è facile immergersi nella scena.

Un ultimo sforzo, poi, riguarda solo me ed è quello di decidere il criterio secondo cui ordinare il mio racconto.

Il mio viaggio attraverso la romanità milanese è stato episodico e del tutto privo di sistematicità.
In un pomeriggio sono passato da strade repubblicane al circo di Massimiano alle basiliche del tardo impero e ritorno.

L’Enciclopedista che è in me vorrebbe farvi percorrere un percorso diacronico: dai resti più antichi sino alle invasioni barbariche.
Bellissima idea, eh? Peccato che vi obbligherebbe a girare avanti e indietro come trottole. A pagare sei volte il biglietto del museo o dell’ antiquarium e ad impazzire dietro agli – assurdi – orari di apertura di alcuni siti.

E, allora, mi tocca optare per un compromesso necessario: addoterò un criterio diacronico all’interno del singolo sito, ma ragioni di prossimità e di praticità mi porteranno a saltare di secolo in secolo avanti e indietro.

IL FORO

Svetonio e Plutarco, per primi, descrivono il foro di Mediolanum, che sarebbe stato lodato dallo stesso Cesare nonostante fosse adornato una statua di Bruto.

Il foro di Milano, come lo descrivono gli archeologi, sarebbe una piazza rettangolare piuttosto grande, contornata da edifici commerciali muniti di portici. Una tipologia descritta già da Vitruvio e attestata un po’ in tutta italia, che sarebbe passata praticamente invariata in quello che è l’archetipo della piazza porticata dell’Italia settentrionale ancora oggi.

Una piazza. Uno spazio pubblico aperto e vissuto.
E proprio per questo soggetto al mutamento. Se fosse stato un edificio monumentale, Oggi forse ne sapremmo di più.

Invece la piazza è mutata nei secoli insieme alla città fino a perdere progressivamente di importanza quando il centro nevralgico di Milano si è spostato poche centinaia di metri più in là, dove oggi è la piazza del Duomo. Lo spazio vuoto è stato riempito da nuovi edifici: dalla Chiesa di San Sepolcro, dall’odierna Biblioteca Ambrosiana.
La memoria e le tracce archeologiche della piazza, così, sono andate perse.

Solo negli ultimi decenni del secolo scorso, nella cripta della chiesa e nei sotterranei dell’Ambrosiana sono state ritrovate le lastre della pavimentazione della piazza. Ed è ancora più recente la decisione di rendere questi reperti accessibili al pubblico.
Accessibili, diciamo, ad un pubblico davvero determinato.
Non è facilissimo Infatti individuare la porticina, sul lato destro dell’Ambrosiana, che permette di scendere nei sotterranei dove sono conservati i lastroni.
Ancora meno facile e capire dove si acquistano i biglietti e quando i reperti siano accessibili.

[Le risposte a queste domande: dovete raggiungere la cripta di San Sepolcro che sta sul lato opposto dell’edificio di fianco alla chiesa ed è aperta “soltanto la sera”, come dice lo slogan. Qui con €3 potrete comprare il biglietto per gli scavi del foro, spendendo qualcosa in più avrete accesso anche alla cripta.]

0023 - Lastricato del Foro

La volontaria dell’ambrosiana con cui ho parlato stamattina me l’aveva detto:
“Guardi Io devo essere sincera, sono poco più che delle pietre.”

Aveva ragione.
Ma del resto che senso avrebbe avuto aspettarsi qualcosa di diverso?
I resti della pavimentazione di una piazza difficilmente possono apparire diversi da quello che sono.
Qui, in compenso, ho la dimostrazione della grandezza dell’ingegneria romana.
Questo selciato ha duemila anni e ha subito gli insulti del tempo, delle guerre e delle distruzioni, ma è messo molto meglio del pavè di Corso di Porta Romana!

Quello che mi stupisce, non positivamente, è l’allestimento.
Se è vero che siamo in una cantina, schiacciati tra il locale caldaie e un magazzino, è anche vero che lo spazio è stato reso accessibile nel 2009. Mi sarei aspettato un apparato un po’ più coinvolgente di un solitario pannello di perspex con qualche didascalia.
Ma è meglio questo di una porta chiusa, certo, e poi qui non viene mai nessuno e non devo combattere con i pullman di turisti in gita per vedere qualcosa e sdraiarmi a terra per fotografare i miei quattro sassi.

0024 - Lastricato del Foro

LE MURA REPUBBLICANE E LE COLONNE DI SAN LORENZO

Sebbene al tempo di Cesare, quando ai suoi abitanti fu riconosciuto il diritto alla cittadinanza romana, Mediolanum fosse ormai distante dal fronte della lotta contro i Galli, le autorità decisero di dotare la città di una cinta muraria imponente, che la proteggesse da attacchi esterni e allo stesso tempo ne testimoniasse la prosperità.

Alte una decina di metri, le mura erano fatte di laterizio e pietra di Saltrio e, si suppone, rinforzate da un terrapieno interno.
È strano pensare che i pochi resti delle Mura che sancivano il confine tra città e la campagna oggi siano considerate in pieno centro, considerando il fatto che Mediolanum era piuttosto grande per gli standard del suo tempo.

0005 - Torre del Carrobbio

Delle Mura repubblicane non resta quasi nulla. Soltanto una torre, ben nascosta in mezzo a dei brutti edifici novecenteschi.
Sono 36 anni che attraverso questa piazza e non avevo mai pensato che quel piccolo edificio di mattoni che spunta sul retro di un palazzo potesse essere così antico.
E invece…
Raggiungete Largo Carrobbio e infilatevi nel parcheggio dell’hotel Ariston. Dietro quel cartellone pubblicitario dove oggi campeggia un sosia brutto di Liam Gallagher vedrete che il retro del palazzo che ospita il ristorante Pane e Vino ha una forma decisamente particolare.
Si tratta, come detto, di una delle torri della cinta muraria più antica di Milano.

0006 - Hotel Ariston

Poligonale, come spesso sono le torri romane.
L’interno è visitabile del ristorante ma, oggettivamente, non c’è granché da vedere.
Altrove, forse, avrebbero costruito una narrazione molto più forte, avrebbero messo in evidenza il prezioso resto, ne avrebbero fatto un motivo di vanto; ma per qualche motivo che non ho mai capito Milano ha praticamente cancellato la propria storia antica.

Dal punto di vista filosofico, devo dire, mi piace molto questa stratificazione storica.
Mi piace il fatto che l’antica torre sia stata inglobata nel tessuto edilizio della città e continui a vivere con una nuova funzione.
D’altro canto ho sempre trovato il Carrobbio una delle piazze più brutte di Milano, e l’hotel Ariston in particolare una mostruosità. Soprattutto per questo orrendo parcheggio e per il cartellone pubblicitario, che trasformano la piazza in una sorta di svincolo triste e malconcio degno della periferia della più triste delle cittadine di provincia della Pianura Padana.

A due passi da qui la Basilica di San Lorenzo Maggiore, di cui parleremo una prossima volta, e il monumento romano più famoso e più farlocco della città: le colonne di San Lorenzo.
Dico farlocco perchè il colonnato è lì sin da quando esiste la chiesa – VI secolo d.C. – ma ha sempre avuto una pura funzione scenica. Le colonne sono prese di peso da un edificio di almeno tre secoli prima ed inserite in una struttura di mattoni cosruita ad hoc per decorare la piazza.
Una quinta, uno scenario che ha saputo resistere imperterrito ai secoli, alle guerre e alle mutazioni della città.

0004 - Piazza San Lorenzo

La zona di Porta Ticinese, prima della seconda guerra mondiale, era una zona popolarissima, povera, fatta di case di ringhiera ed osterie. E forse è per questo che dopo la guerra, dagli anni ’60, è stata il centro delle controculture che si sono susseguite.

I fricchettoni, gli autonomi, i punk, i metallari, i bboy… Tutti sono passati di qui, per tutti l’appuntamento era – ed è – semplicemente in Colonne.

0001 - Colonne di San Lorenzo

Con centinaia di persone che ogni giorno si siedono sul basamento a parlare, fumare, bre e fare casino, da qualche anno il Comune ha iniziato a preoccuparsi per l’incolumità del monumento. Peccato che per proteggere le colonne si sia scelto di utilizzare le maledette transenne da concerto, brutte e pericolose, che quando non sono montate vengono lasciate lì, addossate al colonnato come se fosse un magazzino.
Come se non bastassero l’eterno cantiere e gli orrendi palazzi anni ’50 che, al di là delle rotaie, sembrano quasi minacciare la piazza.

0003 - Base a San Lorenzo

LE MURA MASSIMIANEE, IL CIRCO, IL PALAZZO IMPERIALE

Quando nel 286 d.C. Massimiano – Augusto d’Occidente – elegge Mediolanum a sua residenza, si pone il problema di adeguare la città al suo nuovo rango di capitale de facto dell’Impero.

Gran parte del quadrante Sud Ovest viene stravolto per fare posto al nuovo Palazzo Imperiale ed al Circo ad esso collegato, mentre una nuova cerchia di mura, più ampia e più robusta, protegge la città.

Il punto privilegiato per iniziare l’esplorazione dei reperti di questo periodo è, indubbiamente, il Museo Archeologico di Corso Magenta.
Dopo aver visitato la prima sala, ricca di reperti e di ricostruzioni utili a comprendere meglio il contesto in cui ci stiamo muovendo, uscite nel cortile dell’edificio e godetevi quelli che sono i reperti meglio conservati dell’antica Mediolanum.

0001 - Domus di San Maurizio

Al centro del giardino, parecchi metri sotto il piano stradale, quel che resta di un’opulenta Domus obliterata per fare posto al palazzo di Massimiano.

A destra, accessibile dall’ala moderna del museo, un imponente Torre poligonale di mattoni rossi che faceva parte della cinta muraria imperiale.

Torre di Ansperto

Inclusa nel perimetro del Monastero Maggiore, la torre è stata probabilmente utilizzata come cappella e al piano terra è possibile vedere un un affresco tardo medievale, di autore ignoto, che rappresenta San Francesco che riceve le stimmate, una crocifissione è una teoria di santi.

San Francesco riceve le stimmate e teoria di Santi nella Torre di Ansperto

Al piano superiore rimango a bocca aperta ammirando il contrasto tra la struttura irregolare – un poligono di 18 lati- dell’esterno della torre e la perfetta circolarità del suo interno.

Soffitto della Torre di Ansperto

A sinistra, addossata alla chiesa di San Maurizio, un’alta Torre quadrata fu in epoca imperiale una delle due torri del circo.
Massimiano amava le corse dei carri. O più probabilmente era un mezzo tamarro a cui piaceva apparire.
Fatto sta che proprio da una di queste torri l’imperatore poteva passare direttamente dalle sale del palazzo alla tribuna del circo per esporsi agli occhi del popolo adorante.
Quando il circo, ormai in disuso, fu distrutto, la torre potè salvarsi perchè fu riutilizzata come campanile della chiesa di San Maurizio al Monastero.

Torre del Circo e Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore

Di San Maurizio, che si contende con la Certosa di Garegnano il titolo di Cappella Sistina di Milano, vi parlerò nel dettaglio se e quando riuscirò a fare delle foto decenti, ma già che siete qui voi non perdetevela assolutamente!

Aurelio Luini - Arca di Noè

A pochissimi metri dal museo, in via Brisa, si trovano invece resti del palazzo imperiale vero e proprio. Sono stati individuati negli anni 60 durante dei lavori stradali e oggi sono visibili da una balaustra sulla strada.
Per tutta la mia giovinezza la piazza in cui si trovano i resti del palazzo è stata un cantiere.
Uno di quei vuoti urbani di cui il centro della città è pieno, lasciati dalle bombe della guerra, dalle inadempienze del piano regolatore degli anni ’30 o dal fallimento di qualche palazzinaro.
Uno di quei cantieri apparentemente eterni che costellavano Milano tra gli anni 80 e gli anni 90 e che, una volta rimossi, ti lasciano spaesato da quanto le loro palizzate erano ormai parte del paesaggio.
Tanto spaesato che, quando l’altra settimana son passato di qui con un paio di amici, non riuscivo più a raccapezzarmi. Dove siam finiti? Da che parte dobbiamo andare andare? Ci abbiamo messo un bel cinque minuti a capire che questa bella piazza circondata da palazzi di lusso era quel labirinto di griglie e pareti di compensato a cui eravamo abituati.

Il mio percorso, da qui, prosegue verso il Duomo e la Statale, ma per oggi il racconto di ferma qui.

[ssba]

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