IL CAREGÓN DEL PADRETERNO E ALTRE STORIE (TERZA PARTE)

Vittorino Cazzetta, ve l’ho detto, era un personaggio dotato di uno spirito di osservazione fuori dal comune.
Non contento di avere individuato le orme dei dinosauri del Pelmo, tra i primi reperti del genere trovati in Italia, pochi anni dopo avrebbe contribuito ad un’ulteriore scoperta, forse ancora più importante.

Da Forno di Zoldo risaliamo lungo la valle sino al Passo Staulanza e da lì scendiamo a Selva di Cadore e poi, poco dopo l’abitato, svoltiamo a destra e iniziamo a risalire la valle.
Sono 29 i tornanti che aiutano a scalare una pendenza vertiginosa.
In pochi minuti, con il motore che grida per lo sforzo, si passa dai 1.300 e pochi metri di Selva ai 2.236 del Passo di Giau.

Dal parcheggio di fronte al rifugio si gode una vista incredibile. Il Nuvolau e l’Averau (rispettivamente 2.575 e 2.647) torreggiano appena sopra il passo, così vicini che sembra quasi si possano scalare senza fatica, come si fa una passeggiata digestiva dopo pranzo.

Ma noi, che siamo i soliti bastian contrari, ci giriamo esattamente dall’altra parte, passiamo alla sinistra della chiesetta e ci incamminiamo sul sentiero che porta alla Forcella di Col Piombin.

Panorama da Forcella Col Piombin

Si cammina piacevolmente su un sentiero apparentemente privo di difficoltà. Si scende un po’, si risale e si arriva alla forcella. E qui si apre un panorama straordinario.
La Val Cernera è incantevole, completamente disabitata, selvaggia.

Se passate di qui in estate vedrete placide mandrie di vacche pascolare liberamente, senza nemmeno l’ombra di un recinto all’orizzonte. Se ci passate di inverno saranno neve, ghiaccio e roccia a dominare il paesaggio solcato solo dai passi di qualche camoscio.

Il sentiero scende morbido illudendoti che non verserai nemmeno una stilla di sudore e, in breve, inizia a risalire sull’altro versante della valle. Che, carogna, è quasi verticale e chiede un tributo di fiato inaspettato.
Ma è solo uno strappo. Pochi passi e si arriva a toccare i 2.360 della Forcella Giau.
Il tempo di rifiatare e ci rendiamo conto di quello che abbiamo di fronte.

Panorama dalla Forcella Giau

Alla nostra sinistra la lunghissima parete verticale dei Lastioi di Formin (2.657), come una maestosa scogliera, a destra il Piz del Corvo e in mezzo un pianoro – il Mondeval – verdissimo, dolcemente ondulato, costellato di enormi massi erratici.
Al centro di questo pianoro un laghetto – il Lago delle Baste – e all’orizzonte il nostro caro, vecchio Monte Pelmo, il perno delle nostre divagazioni.

E Vittorino?
Non me lo sono dimenticato, tranquilli.

Lastioi di Formin dal Lago delle Baste

Ma voi guardatevi intorno un attimo. Beatevi del paesaggio e sedetevi a mangiare qualcosa ai piedi di uno di questi massi erratici. Magari proprio quello là in fondo, un po’ oltre il lago, sulla sinistra.

Perchè quello? Cos’ha di diverso quello da quell’altro?
Ottima domanda. Bravissimi. Non ha assolutamente nulla di diverso.

Ma un giorno del 1985 Vittorino Cazzetta lesse un articolo che descriveva gli insediamenti degli uomini del periodo mesolitico.
E si ricordò di quando, ragazzino, saliva al pascolo con la madre e raccoglieva, per gioco, ii sassi con le forme più particolari che riusciva a trovare.
E se non fossero stati sassolini? E se fossero stati manufatti primitivi?

Panorama dal Lago delle Baste (Pelmo e Mondeval)

E allora Vittorino sale al Mondeval – a piedi da Selva probabilmente – e inizia a guardarsi intorno. E nella terra smossa da una marmotta trova effettivamente tracce di manufatti di pietra.

Vabbè, una punta di freccia…
Eh, no. Altro che punta di freccia. Cazzetta contatta gli studiosi e, sotto la direzione del Professor Guerreschi di Ferrara iniziano gli scavi che portano alla luce l’uomo di Mondeval.

Ed è un ritrovamento di importanza capitale.
La presenza del corpo di quest’uomo non è, come nel più famoso caso di Ötzi, frutto di un incedente di caccia o di una battaglia.
L’uomo del Mondeval è stato volontariamente sepolto qui dai suoi compagni, dai suoi familiari.
Erano accampati qui, probabilmente la loro capanna poggiava proprio su questo masso erratico e lui, per qualche motivo, qui ci è morto.
E allora hanno scavato una fossa, vi hanno deposto il corpo ed un corredo di oggetti utili per l’aldilà.

Pelmo, Lago delle Baste e massi erratici al Mondeval

Nulla di tutto questo era scontato.
Questi massi sono tutti uguali tra loro.
Prima che Cazzetta trovasse i manufatti non si pensava che gli uomini primitivi bazzicassero quote così alte e, soprattutto, quella di Mondeval è l’unica sepoltura mesolitica (10, 12.000 anni fa) in alta quota che si conosca.
Ve l’ho detto che Vittorino aveva occhio, no?

Tornati a valle facciamo una piccolissima deviazione verso Colle Santa Lucia per mangiare il prosciutto di cervo e i canederli al Belvedere.

Dopo questa sosta ricreativa un’ultima tappa: il museo intitolato a Cazzetta a Selva di Cadore.
Il museo è piccolo ma affascinante ed affronta tutta la vasta gamma di interessi di Cazzetta. Si apre con la sezione geologica che ripercorre la formazione delle dolomiti e culmina nel calco delle orme dei dinosauri per poi passare alla sezione preistorica. È qui che si trovano i reperti trovati sull’altopiano e, in un allestimento suggestivo e rispettoso, il corpo dell’Uomo del Mondeval.

Normalmente schivo come la peste i video ilustrativi dei musei, ma in questo caso vi suggerisco di non farlo.
Sebbene con dei titoli incredibilmente anni ’90, infatti, il filmato proiettato qui ricostruisce in modo avvincente l’affascinante storia del ritrovamento di Cazzetta e degli scavi.

[ssba]

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